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Il sistema agroalimentare italiano rappresenta oggi una realtà particolarmente articolata, in cui la realizzazione di prodotti con un maggior valore aggiunto può rappresentare, per le imprese, un vantaggio competitivo sul mercato. Lo sviluppo e l’affermazione di prodotti con marchi di qualità (DOP, IGP, STG, Agricoltura Biologica), oltre a fornire una prova diretta dell’operato di aziende produttrici che devono sottostare a un disciplinare di produzione, fornisce garanzia ai consumatori sull’acquisto di prodotti caratterizzati dai valori di tipicità, tradizionalità e genuinità. Se da un lato però il consumatore è disposto a pagare dei costi aggiuntivi per un prodotto a denominazione, dall’altro il produttore, prima di intraprendere un percorso di certificazione, deve valutare con attenzione i pro e i contro che tale percorso richiede (maggiori costi per il rispetto del disciplinare, necessità d’investimenti promozionali e distributivi e disponibilità a lavorare in rete).
Oggi il mondo della certificazione vede aumentare il numero di riconoscimenti comunitari a denominazione di origine protetta (DOP/IGP), coinvolgendo sempre più comparti agroalimentari. L’Italia si conferma leader europeo con 217 prodotti certificati (135 DOP e 82 IGP) mentre, a livello nazionale, la regione che detiene il maggior numero di prodotti a marchio è l’Emilia Romagna, con 32 prodotti, seguita dal Veneto, con 31 prodotti (15 DOP e 16 IGP). In Veneto il settore con più riconoscimenti comunitari è l’ortofrutticolo-cerealicolo, seguito dal comparto formaggi, preparazione carni e oli extravergine d’oliva.
L’analisi condotta dagli esperti di Veneto Agricoltura sui dati messi a disposizione dall’Istat a livello regionale, relativi al quinquennio 2004-2009, evidenzia un incremento delle aziende che producono prodotti ortofrutticoli a denominazione di origine (+90%) e delle superfici investite per la loro coltivazione (+57%). Al pari emerge anche che, delle aziende adibite alla coltivazione di prodotti ortofrutticoli, solo il 2,2% realizza prodotti certificati, mentre per quanto riguarda la superficie potenzialmente coltivabile, solo il 2,4% è adibita alla coltivazione di prodotti a denominazione d’origine (DO). La maggior parte dei prodotti certificati, inoltre, realizzano fatturati estremamente limitati e solo poche denominazioni sviluppano apprezzabili valori di mercato. Si è poi approfondita l’analisi per singolo prodotto, utilizzando i dati messi a disposizione dal CSQA. È stata valutata l’incidenza percentuale della superficie certificata rispetto a quella potenzialmente coltivabile e certificabile e della relativa produzione certificata rispetto a quella potenzialmente realizzabile nell’area prevista dal disciplinare.
Quello che ne emerge, come evidenziato nella tabella, è che per la maggior parte dei prodotti ortofrutticoli veneti certificati, tale valore è inferiore o di poco superiore al 10%. Per alcuni prodotti, le basse percentuali sono giustificabili per la relativa breve vita della DO (è il caso, ad esempio, dell’Asparago di Badoere IGP, del Radicchio di Verona IGP e quello di Chioggia IGP), ma tale motivazione non può valere per altri (come ad esempio per l’Asparago di Bassano DOP, la Ciliegia di Marostica IGP o il Radicchio Variegato di Castelfranco IGP) il cui riconoscimento è avvenuto ormai da parecchi anni. Le incidenze più alte, sia in termini di superficie che di produzione, vengono realizzate dall’Olio di Garda DOP e dall’Olio Veneto DOP. La più elevata incidenza delle superfici certificate viene raggiunta dall’Asparago di Cimadolmo IGP, che però poi presenta un’incidenza nettamente più bassa in termini di produzione. Essa rimane in ogni caso la più alta dopo quelle degli oli, seguita, sempre relativamente alle produzioni certificate, da quella dell’Asparago di Bassano DOP e della Ciliegia di Marostica IGP. A due cifre l’incidenza della superficie certificata per il Radicchio Rosso di Treviso IGP e il Fagiolo di Lamon IGP, che però in termini di produzione presentano delle incidenze risibili.
L’analisi conferma, perciò, la realtà di “nicchia” dei prodotti a denominazioni di origine ortofrutticoli del Veneto, anche da parte di prodotto molto apprezzati come il Radicchio Rosso di Treviso IGP, riconosciuto come il “Re dei Radicchi”. Allo stesso tempo, per contro, viene in qualche modo “certificata” la potenzialità esistente, ma non ancora sfruttata e perseguibile in futuro dai prodotti a denominazione di origine.
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