15.06.09 Colture energetiche in Veneto: tengono le superfici ma calano le aziende
Veneto Agricoltura 15/06/2009 Notizie , Report
Praticamente stabili le superfici investite a colture energetiche in Veneto nel 2008, che scendono leggermente a circa 7.200 ettari (-1%). In calo del 46% gli investimenti di colture utilizzate per la produzione di biogas, quali mais e colture foraggere, tengono quelle utilizzate per la produzione di biodiesel (soia, colza e girasole), in diminuzione del 3%. In controtendenza gli investimenti a biomasse legnose (pioppi), che raddoppiano le superfici rispetto al 2007.
È questo, in sintesi, il quadro sulle coltivazioni ad uso energetico in Veneto che emerge dalle analisi effettuate dagli esperti di Veneto Agricoltura (dati Avepa e Agea).
Cala in misura rilevante il numero di aziende che hanno investito in colture a fini energetici, che scendono a 834 (-25%). In termini assoluti la flessione maggiore è stata registrata per le aziende che hanno destinato superfici a colture per la produzione di biodiesel, diminuite di oltre 300 unità (-31%).
Si conferma la specificità della provincia di Verona, che concentra quasi l’80% delle colture finalizzate alla produzione di biogas. Le superfici investite sono in calo (142 ha, -82%), in particolare si sono azzerati gli ettari coltivati su terreni a riposo (set-aside).
Si sviluppa invece la messa a dimora di piante arboree da legno (pioppi) destinate alla produzione di biomasse legnose, che raggiunge i 470 ettari, più del doppio del 2007. Gli investimenti si concentrano nelle province di Padova (30%), Venezia (20%) e Verona (20%) e proprio queste ultime, con Vicenza, registrano le maggiori variazioni positive rispetto all’anno precedente, quadruplicando le superfici.
Per quanto riguarda le colture estensive destinate ad essere trasformate in biodiesel, era nelle aspettative una loro flessione, visti gli elevati livelli di prezzo raggiunti dalle quotazioni di tali prodotti nel periodo coincidente con le semine (autunno 2007 – primavera 2008). Si tratta in prevalenza di superfici coltivate a soia (circa 5.900 ettari, 89%), e in misura minore a colza e ravizzone (707 ettari, 11%), mentre si azzera la coltivazione di girasole a destinazione energetica. Tutte le province registrano un calo delle superfici coltivate, ad esclusione di Venezia, dove invece sono quasi raddoppiate raggiungendo i 3.800 ettari. Proprio Venezia, da sola, concentra il 58% delle superfici regionali, seguita da Rovigo, dove si localizza il 32% degli investimenti a tali colture.
Va sottolineato l’aspetto riguardante la superficie media investita per azienda: per quanto riguarda le colture destinate a biogas, la media degli ettari coltivati per azienda è di circa 20 ettari, in notevole aumento rispetto al 2007 quando era “solo” di 7 ettari. Senza particolari variazioni la media degli investimenti per azienda in biomasse legnose, che passa da 3,3 ettari nel 2007 ai 3,6 ettari nel 2008. In aumento anche la superficie che ogni azienda investe in media in colture destinate a biodiesel, che passa da 6,7 ettari a 9,5 ettari.
Ciò significa che la coltura energetica più “fattibile” per una azienda agricola della regione, considerando le caratteristiche strutturali delle aziende venete, che presentano una SAU media aziendale di 5,7 ettari, è quella destinata alla produzione di biomasse legnose.
Da rilevare infine una particolarità: le aziende che hanno richiesto all’organismo pagatore regionale un contributo per le colture energetiche utilizzando la domanda unica PAC e dichiarando di coltivare soia, colza e ravizzone sono state 315 (su un totale di 452), per una superficie di circa 2.780 ettari. Quindi un numero notevolmente inferiore rispetto al 2007, quando erano state oltre un migliaio per circa 6.800 ettari coltivati.
Nel 2008 quindi, un numero maggiore di aziende (382), ha rinunciato a chiedere tale contributo con questa modalità, preferendo contrattare le superfici messe a coltura (per un totale di oltre 3.800 ettari) direttamente con i trasformatori di biodiesel nell’ambito del contingente agevolato proveniente da intese di filiera.
È presumibile che in questo modo gli agricoltori abbiano ritenuto di poter conseguire una serie di vantaggi: il trasformatore infatti si accolla l’onere di seguire la pratica dal punto burocratico-amministrativo, mentre l’imprenditore agricolo si vede riconosciuto nel sovrapprezzo contrattato per la produzione consegnata l’equivalente, se non di più, del contributo che avrebbe ottenuto nell’ambito degli aiuti PAC, ma ricevendolo al momento stesso della consegna del prodotto, quindi, nella maggior parte dei casi, con largo anticipo rispetto al pagamento dei contributi PAC.
Veneto Agricoltura
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