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Si attenuano, nel secondo trimestre 2020, gli effetti sulle imprese italiane del lockdown imposto a marzo per il contenimento del Covid-19, dopo che nel primo trimestre, invece, le conseguenze erano state decisamente più rilevanti per le imprese.
È questa l’indicazione più importante che emerge dai dati aggiornati a giugno 2020, sul numero di imprese iscritte nei Registri delle Imprese delle Camere di commercio provinciali a livello nazionale, che gli esperti dell’Osservatorio Economico Agroalimentare di Veneto Agricoltura hanno scaricato e analizzato dal sito di Infocamere.
Il calo del numero di imprese attive è una tendenza ormai strutturale a livello nazionale e anche nel primo semestre 2020 il loro numero è sceso a circa 5.119.000 imprese, una flessione del -0,3% sia rispetto allo stesso periodo del 2019 che rispetto al dato medio degli ultimi cinque anni (2015-2019). Da segnalare che le perdite maggiori in termini relativi rispetto all’anno precedente si sono registrate soprattutto nei settori che presentano la maggior numerosità di imprese, quali ad esempio il comparto del commercio all’ingrosso e al dettaglio (1 milione e 400 mila imprese, -1,6%), dell’agricoltura, silvicoltura e pesca (743 mila imprese, -1,2%) e delle attività manifatturiere (493 mila imprese, -1,2%), mentre il comparto delle costruzioni (748 mila imprese) hanno registrato una lievissima crescita (+0,2%), ma comunque un calo del -1,5% rispetto alla media quinquennale.
Ma è soprattutto sulle categorie delle imprese inattive (cioè di quelle che non hanno ancora iniziato la loro attività pur essendo iscritte) e sospese (cioè quelle che hanno sospeso temporaneamente la loro attività per un lungo periodo o per disposizioni amministrative) che sono ricadute le conseguenze più gravi del lockdown, in particolare nel I trimestre, mentre nel secondo trimestre, quando le misure di contenimento si sono leggermente ridotte e sono iniziate le prime riaperture, anche il numero delle imprese inattive e sospese ha registrato una riduzione.
Il numero di imprese sospese è stato in realtà piuttosto contenuto, trattandosi di circa 8.900 unità nel primo trimestre, sceso a 8.733 nel secondo (-2%). Si tratta in ogni caso di un incremento rispetto al dato del 2019, con una crescita del +3,1% rispetto al I trimestre dell’anno precedente e del +4,2% nei confronti del secondo trimestre. Tuttavia, il dato aggiornato al secondo trimestre 2020 è inferiore a quello medio registrato negli ultimi cinque anni, pari a 9.040 imprese sospese (-3,4%) ed evidenzia perciò, un incremento rispetto al 2019 che può essere in parte attribuito al lockdown per il Covid-19, ma su valori non così particolarmente rilevanti rispetto agli ultimi anni.
Ben più rilevante, invece, l’impatto registrato nel numero di imprese inattive, che nel primo trimestre, sono aumentate portandosi a oltre 554 mila unità (+1,7% rispetto allo stesso periodo del 2019), raggiungendo il livello più alto degli ultimi anni, mentre nel secondo trimestre il loro numero è sceso a 541.800 imprese (-2,3% rispetto al I trimestre, -0,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). In termini relativi, i maggiori aumenti di imprese inattive sono stati registrati dai comparti delle altre attività di servizi (5.712 imprese inattive, +5,2% rispetto allo stesso periodo del 2019), di noleggio, agenzie di viaggio e servizi di supporto alle imprese (4.733 unità, +3,4%), delle attività di servizi di alloggio e ristorazione (38.273 imprese, +3%) e dell’agricoltura, silvicoltura e pesca (2.680 inattive, +2,7%), mentre in termini assoluti, oltre che nel comparto dei servizi di alloggio e ristorazione (+1.115 inattive rispetto allo stesso periodo del 2019), la maggiore crescita di imprese inattive è stata registrata dal comparto del commercio (55-040 unità, +1.182 imprese). L’incremento, che ha riguardato quasi tutti i settori economici, tranne pochi casi di alcuni comparti la cui importanza è residuale in termini di numerosità, è stato ancora più consistente se il confronto viene riferito alla media dello stesso periodo degli ultimi cinque anni (+4%), con valori superiori alla media in particolare per i comparti delle altre attività di servizi (+14,6%), di noleggio, agenzie di viaggio e di supporto alle imprese (+13,4%), delle attività di servizio di alloggio e ristorazione (+12,2%), dell’agricoltura, silvicoltura e pesca (+9,7%), del commercio (+9,5%).
A livello territoriale, sono state le regioni del Sud Italia a presentare il maggiore incremento di imprese inattive rispetto alla media 2015-2019 (+6.904 unità, +6,2%), seguite dalle regioni del Centro (+5.851 inattive (+3,8%), del Nord (+4.208 imprese, +2,3%) e infine delle Isole (+3.679 unità, +4,9%). I maggiori aumenti in termini assoluti sono stati registrati in Lazio (108.685 imprese, +3,7%), Campania (52.782 unità, +7,5%), Sicilia (60.757, +4,7%) e Lombardia (68.754 inattive, +3,9%); il Veneto invece (28.530 imprese inattive), ha registrato una delle variazioni più lievi tra tutte le regioni, con un incremento di 173 unità, +0,6% rispetto alla media degli ultimi cinque anni.
Concentrando l’attenzione sugli effetti del lockdown sull’agricoltura nazionale, va detto che questo è stato numericamente marginale, considerando che le imprese inattive del comparto agricolo (2.680 nel secondo trimestre) hanno rappresentato solo lo 0,5% del totale complessivo. In termini relativi, rispetto alla media degli ultimi cinque anni, sono state le regioni del Sud Italia a registrare il maggior incremento di imprese inattive (436 imprese, +25,8%), ma in termini assoluti sono state le regioni del Nord Italia (829 inattive) e del Centro Italia (826 unità) a registrate i valori più alti, con un incremento rispettivamente del +12,9% e del +1,6% rispetto alla media quinquennale.
In conclusione, è possibile affermare che trova conforto anche dai numeri del Registro delle Imprese che le ripercussioni maggiori delle chiusure imposte per il contenimento del Covid-19 sono state subite dalle imprese dei comparti dei servizi di alloggio e ristorazione, di noleggio, agenzie di viaggio e servizi di supporto alle imprese, del commercio all’ingrosso e al dettaglio, di altre attività di servizi, mentre per quanto riguarda il comparto agricolo, pur avendo registrato un incremento delle imprese inattive e sospese superiore alla media complessiva dei settori, questo ha riguardato un numero marginale di imprese se confrontato con quello di altri comparti più colpiti. Inoltre, a livello territoriale, il Veneto è stata una delle regione che ha registrato un incremento di imprese inattive e sospese tra i più bassi sia in termini relativi che assoluti, sia nel complesso di tutti i settori, sia per quanto riguarda il comparto agricolo.
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