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Anche nel 2017 il settore florovivaistico veneto conferma di attraversare una fase di transizione: calano ancora le aziende e le superfici, ma le quantità prodotte risalgono. Nonostante alcuni segnali positivi, legati alla maggior propensione all’esportazione, permangono tuttavia le difficoltà di mercato, fortemente influenzate dalla debolezza della domanda interna e da un gap competitivo con i principali competitor nazionali che le aziende faticano a colmare. È questo, in sintesi, quanto emerge dall’analisi annuale effettuata dagli esperti economici di Veneto Agricoltura, l’Agenzia veneta per l’innovazione nel settore primario.
Il numero di aziende venete attive è rimasto sostanzialmente invariato a 1.487 unità (-0,3% rispetto al 2016): in calo soprattutto le province di Rovigo (-0,9%) e Padova (-0,9%), che tuttavia, si conferma la prima provincia per numerosità delle aziende (452), seguita da Treviso (316 aziende, invariata) e Verona (233 aziende), unica provincia che fa segnare un incremento (+1,7%). Considerando i diversi aggregati produttivi, le aziende si concentrano principalmente nel comparto del vivaismo ornamentale (1.335 unità, -0,7% rispetto al 2016), seguito, per numerosità, dal vivaismo orticolo (527 aziende, -0,9%) e dal vivaismo frutticolo (253 aziende, -7%). Considerando le principali caratteristiche aziendali, sono stabili i “piccoli produttori” (684 aziende), mentre scendono a 816 unità (-0,5%) le aziende iscritte al RUP (Registro Unico dei Produttori). In leggero calo anche le aziende che hanno ottenuto la CAC (Conformità Agricola Comunitaria) necessaria per la commercializzazione nell’UE: nel 2017 sono state 223 (-0,9% rispetto al 2016).
La superficie destinata al florovivaismo in Veneto è ulteriormente diminuita, scendendo al di sotto dei 2.700 ettari coltivati (-1,4%). La flessione riguarda esclusivamente le superfici coltivate in piena aria (2.030 ha, -1,8%), mentre registrano un lieve incremento quelle in coltura protetta (circa 660 ha, +1%). A livello provinciale, si registra una consistente riduzione delle superfici investite a Padova (780 ettari, -13,5%) che si conferma comunque la prima provincia a livello regionale. Al contrario, la provincia di Verona presenta un notevole aumento degli investimenti (550 ettari, +18,7%), che la pongono in seconda posizione, seguita da Treviso con circa 500 ettari, sostanzialmente invariati rispetto al 2016. A parte Venezia (390 ha, -4%), le altre province fanno tutte registrare lievi incrementi, ma non tali da controbilanciare le perdite della provincia padovana.
Tuttavia, nota positiva, la produzione complessiva regionale viene stimata a poco oltre 1,6 miliardi di pezzi, in crescita del 12% rispetto al 2016. Tale risultato è fortemente influenzato dal comparto del vivaismo orticolo, la cui produzione supera l’1,3 miliardi di piantine (+15,7%); tra gli altri comparti si registra un lieve calo nella produzione del vivaismo frutticolo (18,3 milioni di piante, -1,5%) e di piante ornamentali (287 milioni di piante, -0,9%) mentre è più rilevante la flessione del vivaismo viticolo (8,4 milioni di pezzi, -12,3%). La produzione di materiale vivaistico rappresenta sempre la parte preponderante della produzione florovivaistica regionale, con una quota dell’83%, mentre il rimanente 17% è costituito da piante finite.
Il valore della produzione, pur essendo in leggero miglioramento nel 2017 (209 milioni di euro, +1,3% rispetto al 2016), dal 2011 si è di fatto attestato su valori di poco superiori ai 200 milioni di euro, con un andamento tuttavia altalenante negli ultimi cinque anni. Inoltre, va detto che tale risultato è frutto di dinamiche contrapposte tra le diverse macro-attività del comparto: la produzione di fiori e piante (52,6 milioni di euro) e la produzione vivaistica (circa 29 milioni di euro) sono entrambe in calo dell’1%, mentre il servizio di sistemazione di parchi e giardini offerto dalle imprese ha quasi raggiunto i 128 milioni di euro (+1%).
Per quanto riguarda gli aspetti di mercato, e nello specifico la provenienza delle forniture, la scelta dell’autoproduzione del materiale di base si conferma sempre più come la prima fonte di approvvigionamento delle imprese (79%): si tratta di una modalità utilizzata in maniera massiccia dalle aziende del vivaismo orticolo, dove raggiunge una quota dell’83% della provenienza del materiale di lavorazione, mentre per gli altri comparti è pari al 61%. Da segnalare la continua riduzione delle forniture provenienti dagli altri ambiti territoriali, in particolare da altri paesi UE (7,6%) e dal territorio nazionale (6,7%)
Per quanto riguarda i canali commerciali, l’aumento della produzione di materiale vivaistico ha ulteriormente ampliato la quota di vendite ad altri vivaisti e/o aziende agricole, che si è riportata all’81% sul totale, a scapito di tutti gli altri canali di vendita e in particolare di quello a privati/hobbisti, la cui quota scende all’8,7% del totale (nel 2016 era pari al 10,5%).
Interessanti segnali riguardano invece l’area di commercializzazione, dove si sono registrate delle importanti variazioni nella distribuzione delle vendite per area di mercato. Si evidenzia infatti la flessione delle vendite a livello regionale, la cui quota sul totale scende dal 21,5% al 20,3% e ancora di più di quelle a livello locale, scese al 29,2% dal 33,1% del 2016. Tutto ciò a favore sia dell’aumento della quota di vendite destinate all’Estero in ambito UE, che registrano un’ulteriore crescita passando dal 6,3% al 8,9%, sia delle vendite sul territorio nazionale, passate dal 38,7% al 41,4%.
Positivo, in tal senso, l’ulteriore incremento delle aziende in possesso dell’autorizzazione all’uso del Passaporto fitosanitario necessario per l’esportazione (413 aziende, +0,7%). Tutto ciò lascia ipotizzare una maggiore propensione e capacità di esportare nei mercati esteri le proprie produzioni, ma la sensazione è che questa sia limitata ad un ristretto numero di imprese più attrezzate che non alla complessità delle aziende del comparto
Permangono quindi le criticità che il settore sta attraversando negli ultimi anni: la ristrutturazione del settore non pare essere ancora del tutto conclusa e in termini di competitività, salvo casi di eccellenza, le imprese venete soffrono ancora troppo le capacità e le potenzialità dei leader produttivi nazionali, con la conseguenza che il comparto fatica ad uscire dalla fase di stagnazione e a trovare soluzioni migliorative per affrontare il mercato.
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