IWMPRAISE BIOΔ4 LIFE + AGRICARE AGROFORCARB GREVISLIN CIMICE ASIATICA
LIFE+ HELPSOIL LIFE REDUNE BIONET FOREST MITI.FOR.BALDO
LIFE RISORGIVE LIFE PALU QdP GO.TO.NATURE LIFE BEWARE BEE-DIVERSITY
IMPRECO AGFORWARD ITACA UFFICIO MICOLOGICO ALTRI PROGETTI
Per scaricare il report “Gli occupati nel settore agricolo veneto: report 2012” in formato pdf clicca qui
1. La fotografia della situazione secondo l’indagine sulle Forze lavoro dell’Istat
Gli occupati agricoli in Veneto nel 2012, secondo l’indagine campionaria sulle forze lavoro realizzata dall’Istat, sono pari a poco più di 75.000 unità, con un calo nel periodo 2004-2012 del 13%. La figura 1, permette di evidenziare la ripresa degli occupati agricoli registrata negli ultimi tre anni (+24,2%), ma la tendenza di fondo (linea blu) degli ultimi dieci anni rimane ancora negativa.
La perdita di occupati in agricoltura, sembra dunque essere una caratteristica fisiologica e strutturale del sistema, al pari della diminuzione delle imprese agricole.
Entrando in maniera più approfondita nell’analisi, considerando il periodo 2004-2012[1] e mettendo a confronto l’Italia con il Veneto, si evidenzia che la nostra regione registra perdite superiori al dato nazionale per quanto riguarda gli occupati indipendenti, in particolare per i maschi. Al contrario, tra gli occupati dipendenti, il Veneto si muove in controtendenza, registrando una crescita nello stesso periodo del 47,5%, laddove invece a livello nazionale si registra un aumento appena del 2,9%. Se ne ricava che nel periodo di riferimento in Veneto vi è stato un calo (-13%) inferiore rispetto al dato nazionale (-14,2%), dove è però interessante notare come i maschi siano calati lievemente al di sopra rispetto la media italiana mentre le femmine sono calate in Veneto solo del 3,6% rispetto alla diminuzione nazionale del 19,9% (tab. 1).
Analizzando l’andamento annuale (fig. 2), è interessante notare come fino al 2007 vi sia stato un certo parallelismo tra la situazione nazionale e quella regionale, mentre nel biennio 2008-2009 il Veneto abbia sofferto in maniera molto più consistente la crisi economica generale in atto, con perdite di occupati agricoli più rilevanti rispetto all’Italia. Per contro, negli ultimi tre anni, la ripresa di occupati si sta dimostrando molto più consistente nella nostra regione rispetto al resto della nazione ritornando nel 2012 ai livelli nazionali.
La rappresentazione grafica dell’andamento occupazionale in agricoltura in Veneto negli anni considerati, distinto per tipologia (dipendenti e indipendenti), permette di evidenziare due interessanti aspetti (fig. 3):
– l’andamento quasi sovrapponibilità delle linee degli occupati totali con quella degli indipendenti, a significare la maggiore influenza di questi ultimi sulle dinamiche occupazionali regionali in agricoltura. Questo si deve a una particolarità dell’occupazione agricola del Veneto: laddove infatti in Italia le due componenti (dipendenti e indipendenti) praticamente si equivalgono (49% i primi e 51% i secondi), in Veneto gli indipendenti rappresentano circa il 64% degli occupati, mentre i dipendenti il rimanente 36% (si consideri che nel 2000 i primi rappresentavano l’80% del totale occupati!);
– collegata con questa particolarità, il secondo aspetto da evidenziare è dunque l’effetto sostituzione degli occupati agricoli, con la progressiva riduzione della quota di indipendenti a vantaggio del continuo incremento dei dipendenti (fig. 4).
È possibile affermare, quindi, che è in atto una lenta evoluzione nelle caratteristiche dell’occupazione agricola regionale: è come se nel settore manifatturiero si stesse traslando da un sistema costituito da piccole botteghe artigiane ad uno di piccole e medie imprese, più strutturate, con tutte le caratteristiche positive che ne possono discendere (una maggiore organizzazione interna, economie di scala, capacità di affrontare il mercato,…).
La distribuzione degli occupati per provincia evidenzia la concentrazione degli occupati agricoli in particolare in quella di Verona (31% circa del totale), seguita da Treviso e Venezia. Vanno evidenziate le variazioni percentuali rispetto al 2004, negative per tutte le province, tranne per quella di Verona, e la ripresa degli occupati rispetto al 2008, anno di inizio della crisi, ad esclusione che nelle province di Padova e Belluno (tab. 2).
L’analisi della tipologia di occupati (dipendenti e indipendenti) per provincia evidenzia una tendenza generale all’aumento degli occupati dipendenti rispetto al 2004, tranne che nelle province di Vicenza e Belluno, e una altrettanto diffusa capacità di ripresa post-crisi, ad esclusione che nelle provincie di Padova e Vicenza, che anzi, continuano a perdere occupati dipendenti (tab. 3). Da segnalare la performance di Treviso, che nel lungo periodo ha più che raddoppiato gli occupati dipendenti.
Per quanto riguarda gli occupati indipendenti si registra una generale tendenza alla loro riduzione, tranne che a Verona dove risulta pressoché stabile, con cali superiori alla media regionale nelle province di Vicenza, Belluno, Venezia e Treviso e una ripresa post-crisi a tre velocità: consistente a Verona e Venezia e modesta a Vicenza e Rovigo, mentre Belluno, Treviso e Padova non sono ancora riuscite a raggiungere il livello degli occupati indipendenti detenuto nel 2008 (tab. 4).
I dati elaborati e diffusi da Veneto Lavoro([3]) fanno riferimento alle dichiarazione obbligatorie rese dalle imprese agricole al momento dell’assunzione e della cessazione di un rapporto di lavoro dipendente e raccolti nella banca dati Silv (Sistemo informativo del lavoro veneto). Essendo raccolti continuativamente, a differenza di quelli ISTAT ([4]), essi costituiscono dei “valori di flusso” (entrate, uscite e saldo annuale).
L’ultimo aggiornamento, reso disponibile nel corso dello scorso mese di febbraio 2013 e riferito al 2012, evidenzia a livello generale Veneto un bilancio annuo negativo, con un saldo tra le posizioni di lavoro dipendente a fine dicembre 2012 rispetto a dicembre 2011 che registra una ulteriore perdita di circa 15.800 addetti. La caduta occupazionale risulta rilevante, superiore a quella del 2011 (-8.700 unità) e del 2010 (-7.200 unità) anche se, ovviamente, inferiore a quella del 2009 (-43.400 unità). Sommando questi quattro valori otteniamo un’indicazione sulla contrazione occupazionale intervenuta nel periodo della crisi (quadriennio 2009-2012), pari dunque a quasi 75.000 occupati. Se si considera invece l’ultimo triennio il calo è decisamente più contenuto, anche se consistente (diminuzione di quasi 32.000 occupati).
Le tabelle 5 e 6 presentano i dati dei saldi lavorativi (differenza tra assunzioni e cessazioni) dal 2008 (anno di inizio della crisi) con le variazioni distinte per genere, cittadinanza, settore economico, tipologia di contratto e provincia.
Sulla base di essi si possono effettuare alcune considerazioni:
– il saldo negativo degli ultimi tre anni colpisce in maniera più rilevante gli occupati maschi (-23.100 addetti) rispetto alle femmine (comunque in calo di 9.900 unità) e in maniera quasi esclusiva i lavoratori italiani (-36.500) rispetto a quelli stranieri che addirittura registrano nell’ultimo triennio un saldo positivo di circa 3.600 unità, anche se va detto tale risultato va relativizzato, considerando che le assunzioni di lavoratori italiani sono più del doppio di quelle riferite agli stranieri;
– nell’ultimo triennio le maggiori flessioni si registrano nei contratti di apprendistato, seguiti da quelli a tempo determinato;
– la perdita di addetti è generalizzata per tutte le province, ma colpisce in maniera maggiore quelle di Treviso, Vicenza (che assieme a Belluno presentavano dei saldi negativi già nel 2008) seguita da quelle di Venezia, Padova e Verona.
Dall’analisi dei dati distinti per settore economico emerge un comportamento anticiclico dell’occupazione agricola.
Nel 2008, quando la crisi iniziava ad affacciarsi, ma il saldo occupazionale regionale era ancora positivo, l’agricoltura, al pari dell’industria, registrava un saldo negativo degli addetti. Nel pieno della crisi (2009), invece, il comparto agricolo è uno dei pochi (con quello delle “utilities” e degli “altri servizi”) a non registrare una diminuzione delle assunzioni, ma anzi un saldo positivo di poco più di cento addetti. Per contro, negli ultimi tre anni, quando la crisi sembra essersi leggermente attenuata e alcuni settori iniziano a registrare una ripresa occupazione, il settore agricolo fa segnare aumenti tra i più bassi e in progressivo calo, nell’ordine di circa 300 unità nel 2010, circa un centinaio nel 2011 e duecento nel 2012.
Pur indicando una sostanziale tenuta e capacità di attrazione di forza lavoro del settore, va sottolineato che il saldo positivo registrato in termini assoluti nel triennio 2010-2012 corrisponde, in termini relativi, a meno dell’1% della perdita di occupati registrata a livello regionale.
È possibile evidenziare così che l’agricoltura è il quarto settore, dopo il commercio e tempo libero, i servizi alla persona e il made in Italy per numero di assunzioni in termini assoluti, realizzando circa l’8,5% del totale delle assunzioni effettuate in regione nel 2012. Considerando i saldi l’agricoltura è uno dei pochi comparti a presentare un saldo positivo di occupati negli ultimi quattro anni, anche se con valori assoluti non particolarmente rilevanti come abbiamo già sottolineato.
La figura 5 riporta le variazioni relative delle assunzioni trimestrali degli ultimi cinque anni rispetto al dato base di partenza del primo trimestre 2008. Se ne ricavano essenzialmente due informazioni:
– la stagionalità nelle assunzioni nel comparto agricoltura, dove è particolarmente evidente con picchi che indicano un raddoppio delle assunzioni, così come anche nei settori del commercio e tempo libero (con il settore turistico) e dei servizi alla persona (in particolare il comparto istruzione);
– una tendenziale diminuzione delle assunzioni dei più importanti settori economici, indice di un momento di difficoltà dell’economia che si è tradotto in una minor richiesta di forza lavoro. Anche l’agricoltura presenta un trend in leggera diminuzione, tuttavia in alcuni trimestri alcuni comparti (tra cui appunto l’agricoltura, il commercio e i servizi alla persona) presentano variazioni positive nelle assunzioni laddove la maggior parte degli altri settori presentavano invece una flessione.
Questo potrebbe indicare, almeno in termini relativi, che in un determinato trimestre la minor richiesta di forza lavoro di alcuni settori è stata controbilanciata dalle maggiori richieste di altri comparti tra cui l’agricoltura.
[1] È stato preso in considerazione il 2004 per il fatto che il numero degli occupati aveva registrato in quest’anno l’ultimo picco massimo significativo, su valori di fatto simili al 2000.
[2] Gli andamenti delle diverse variabili nel corso degli anni sono stati ottenuti considerando come anno base = 100 il 2004 e calcolando le variazioni percentuali di ogni anno rispetto all’anno base.
[3] Nella collana “La Bussola” Veneto Lavoro ha pubblicato nei mesi scorsi il rapporto “Il mercato del lavoro veneto: un primo bilancio del 2011 in base ai dati amministrativi”, da cui sono stati estrapolati i dati relativi all’agricoltura qui proposti.
[4] L’indagine campionaria ISTAT si rivolge alle famiglie residenti e i dati, pur essendo raccolti con interviste che si ripetono ogni settimana dell’anno, restituiscono sempre un valore stock delle variabili legate al lavoro: i dati diffusi trimestralmente infatti non sono altro che la media dei tanti valori raccolti settimanalmente e riferiti “al momento” della raccolta.
<p style="font-family: "Titillium Web"!important; margin-bottom:0;">Viale dell'Università, 14 - 35020 Legnaro (PD) tel. 049 8293711 fax. 049 8293815</p> <a href="https://www.venetoagricoltura.org/author/admin/"><i class="fa fa-reply" style="padding-right: 7px;"></i>Altri articoli</a> <a href="mailto:info@venetoagricoltura.org"><i class="fa fa-envelope" style="padding-right: 7px; padding-left: 20px;"></i>Scrivici</a>