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Saldo della bilancia commerciale degli scambi con l’estero positivo nel 2012, ma consumi nazionali in calo rispetto al 2011: il settore florovivaistico non vede rosee prospettive per il futuro.
È questo quello che emerge, in sintesi, dalle analisi effettuate dagli esperti dell’Osservatorio Economico Agroalimentare di Veneto Agricoltura sui dati del commercio estero dell’Istat (banca dati Coeweb) e dalle indagini sui consumi florovivaistici realizzate dall’Ismea e inserite nell’ultimo numero della newsletter “Florovivaismo Veneto n. 22 – Settembre 2013”.
A livello nazionale, il saldo della bilancia commerciale in valore si è portato nel 2012 a 195 milioni di euro, in miglioramento di circa il 23% rispetto al 2011. Alla formazione del saldo ha contribuito un ulteriore incremento delle esportazioni (665 milioni di euro, +1%) a fronte di una flessione delle importazioni, scese a circa 470 milioni di euro (-5,8%).
I comparti che hanno maggiormente influito sull’import di prodotti florovivaistici sono stati, come sempre, quello delle piante vive (242 milioni di euro, 52%), le cui importazioni sono comunque diminuite del 2,4% e dei fiori recisi (34%), in calo del 9%. Per quanto riguarda l’export, il punto di forza del settore nazionale è rappresentato dalle piante vive, che con un valore di 522 milioni di euro rappresentano una quota di circa il 78% dell’export italiano di prodotti florovivaistici.
In virtù di questo, le piante vive hanno contribuito in maniera positiva alla composizione del saldo, con una differenza tra esportazioni e importazioni di oltre 280 milioni di euro, in crescita di circa il 5% rispetto al 2011. Positivo è stato anche il comparto foglie e fogliame (54 milioni di euro) con un saldo che migliora del 6%. Ha invece un effetto molto negativo sulla bilancia commerciale il comparto dei fiori recisi, il cui saldo (-95 milioni di euro) è comunque in miglioramento (-15%) rispetto agli ultimi due anni. Anche gli altri prodotti florovivaistici (costituiti essenzialmente da materiale di base da coltivare, bulbi, tuberi, radici…) hanno registrato nel 2012 un saldo negativo di circa 43 milioni di euro (-6% circa rispetto all’anno precedente).
Il dettaglio regionale, disponibile solo per le piante vive, evidenzia per il Veneto un andamento in controtendenza rispetto al dato nazionale, con una situazione decisamente più negativa. Sono infatti in aumento le importazione (oltre 50 milioni di euro, +6% rispetto al 2011), mentre, aspetto assai preoccupante, sono in calo le esportazioni (16,7 milioni di euro, -4%). Di conseguenza peggiora il saldo negativo che si porta a circa 33 milioni di euro, in aumento dell’11% rispetto al 2011 in controtendenza con il dato nazionale, dove il saldo si mantiene notevolmente positivo (+237 milioni di euro), grazie soprattutto ai buoni risultati esportativi della Toscana (228 milioni di euro, +5,8%) e della Liguria (89 milioni di euro).
A livello di consumi nazionali, la situazione non permette di intravvedere prospettive di fuoriuscita dalla crisi da parte del comparto: nel 2012 la spesa complessiva per prodotti florovivaistici è stata di 2,181 miliardi di euro, in diminuzione di circa l’1% rispetto al 2011. I consumi di fiori sono stati circa 1,284 miliardi di euro, sostanzialmente sugli stessi livelli dell’anno precedente, mentre quelli di piante si attestano a 897 milioni euro, in calo del 2,2%. La variazione negativa è stata attenuata da un cambiamento nella metodologia di rilevazione dei dati nell’indagine condotta sulle famiglie da parte di Ismea; in realtà, senza tale modifica, è possibile stimare che la spesa complessiva in fiori e piante farebbe segnare un calo di circa il -5,3% rispetto al 2011.
L’analisi per area geografica evidenzia come le regioni del Sud con la Sicilia (27,5%) e il Nord-ovest (27%) confermano di essere le due aree che contribuiscono maggiormente ai consumi nazionali. Il Nord-est migliora leggermente la propria quota di spesa che costituisce il 22,5% del totale nazionale. Questo è dovuto soprattutto alla ridotta quota di spesa in fiori (20%), mentre per quanto riguarda le piante, il Nord-est (27%) segue il Nord-ovest (33%) e sono le due aree che contribuiscono maggiormente alla spesa nazionale.
Tra i canali di acquisto, prevale ancora il negozio tradizionale, che detiene la maggior quota di mercato in valore sia per i fiori (61,4%) che per le piante (37,8%), entrambe in aumento rispetto al 2011. Per quanto riguarda i fiori, il secondo canale di acquisto è il chiosco attrezzato in strada (20,8%), mentre le piante si acquistano anche presso i garden center/vivai (31% circa), che registrano però la flessione maggiore rispetto all’anno precedente e negli super/ipermercati (12%),
Considerando le occasione di acquisto, per quanto riguarda i fiori le più frequenti si confermano essere quelle rappresentate da particolari ricorrenze (8 marzo, festa della donna,…), che diminuisce però la propria incidenza (da 55% a 52% nel 2012), per portarli in cimitero (dichiarato da circa il 39% degli acquirenti) o per regalarli in occasione di una cerimonia o ricorrenza (es. matrimonio, battesimo, anniversario, compleanni,..), con una incidenza del 38%, sempre in aumento. Per le piante, invece, il primo motivo di acquisto rimane l’abbellimento della casa (67%), che incrementa di quattro punti percentuali, mentre scende di otto la quota di coloro che le regalano in particolari ricorrenze (8 marzo, festa della donna,…), motivazione indicata dal 30% degli acquirenti.
In base all’ultimo aggiornamento dell’indagine sui consumi realizzata dall’Ismea e riferita al mese di aprile, il trend nel primo quadrimestre 2013 della spesa cumulata in fiori e fronde, piante, alberi e arbusti è ulteriormente diminuito rispetto ai primi quattro mesi del 2012 (-9%), e si attesta a circa 691 milioni di euro. Si stima una flessione della spesa in fiori nell’ordine del -4,2% (circa 409 milioni di euro), mentre la spesa in piante è prevista in calo addirittura di circa il -15% (283 milioni di euro). Per quanto riguarda il Nord-est, i dati evidenziano una situazione sostanzialmente in linea con la realtà nazionale, ma con un calo relativo meno rilevante della spesa in fiori e piante (-8,2%). La flessione è da imputarsi quasi esclusivamente alla diminuzione della spesa in piante, che registra un calo del -14,7% (circa 88,2 milioni di euro), mentre il valore degli acquisti di fiori è sceso solo dello 0,5% (87,9 milioni di euro).
In conclusione, quello che emerge dall’analisi dei dati sui consumi raccolti da Ismea, è che il comparto sta vivendo un momento di forte criticità a causa della diminuzione della domanda interna e della spesa delle famiglie. Nel 2012 si è fatta dunque sentire in maniera più pesante sugli acquisti di prodotti florovivaistici la crisi economica generale in atto: in una tale situazione, i primi consumi ad essere ridotti sono quelli di prodotti voluttuari, non di prima necessità, come sono quelli di fiori e piante. E tale dinamica viene messa in atto soprattutto da quella parte di popolazione più debole, su cui la crisi incide in maniera maggiore: acquirenti di età più alta (pensionati), di livello socio-economico più basso (operai, casalinghe, esodati/cassaintegrati,…), di zone del paese meno sviluppate (Centro-Sud e Isole). Lo sfogo non può che essere quello dell’orientamento della produzione verso le esportazioni, aspetto che infatti ha sostenuto in maniera positiva il comparto, con un saldo positivo della bilancia commerciale a livello nazionale. Ciò non è avvenuto nella stessa maniera per la realtà regionale del Veneto, dove le imprese, evidentemente meno strutturate e organizzate di quelle di altre regioni, non hanno saputo affrontare il mercato in maniera sufficientemente efficace. La conseguenza è stata una flessione delle esportazioni a fronte di un aumento delle importazioni che ha inciso in maniera negativa sulla bilancia commerciale di piante vive, che costituisce la principale tipologia di prodotto realizzata a livello regionale.
La difficoltà nel mantenere o sviluppare sbocchi commerciali verso l’estero, soprattutto per quanto riguarda il comparto delle piante verdi e fiorite, continua ad essere il tallone d’Achille del comparto veneto, che stanno perdendo posizioni competitive a favore dei più attrezzati competitors della Toscana e della Liguria.
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