03.02.2012 L’innovazione delle aziende agricole in un’indagine di Veneto Agricoltura

 

Esiste un’attitudine delle imprese agricole venete ad innovare? Se si, quanto e come?

Una prima risposta a tali quesiti tenta di darla il rapporto “Innovazione nelle imprese agricole – usi nuovi della conoscenza” realizzato da Veneto Agricoltura, in fase di pubblicazione. Nel rapporto vengono presentati i risultati di un’indagine campionaria sulle tendenze e i comportamenti prevalenti nell’agricoltura veneta nei confronti dell’innovazione, eseguito con lo studio “SdV – consulenze e ricerche di marketing”.

Attraverso l’indagine sono state intervistate 403 aziende agricole, scelte in modo da rappresentare un universo stratificato per provincia, specializzazione settoriale, dimensione, titolo di studio ed età del titolare. Sono stati presi in considerazione quattro settori produttivi (orticoltura, floricoltura, frutticoltura, vitivinicoltura) più una classe residuale che comprende alcuni casi di innovazione trasversale.

Le domande rivolte alle aziende hanno cercato di mettere a fuoco i cambiamenti intervenuti negli ultimi tre anni, le forme di finanziamento degli investimenti compiuti, gli stimoli che hanno innescato i cambiamenti, i sostegni esterni utilizzati per l’innovazione e gli ostacoli incontrati. Le ultime due domande del questionario intendevano gettare uno sguardo verso il futuro: i cambiamenti in progetto per i prossimi tre anni e gli ostacoli che ci si aspetta di incontrare nel realizzarli.

Sulle 403 aziende intervistate si è innanzitutto riscontrata un’elevata percentuale di imprese (53%) che hanno dichiarato di non aver introdotto negli ultimi tre anni nessun cambiamento, né di avere l’intenzione di realizzarli nel prossimo futuro. Tra coloro che invece hanno scelto di innovare, la maggioranza è rappresentata dalla “hard innovation”, relativa al rinnovamento del parco macchine e delle tecniche di coltivazione, mentre risultano essere una minoranza i seguaci della “soft innovation”, cioè di coloro che hanno adottato nuove strategie di orientamento al mercato, un fattore che invece appare essere sempre più decisivo nel determinare il successo dell’attività imprenditoriale.

La variabile che più influisce sull’atteggiamento dinamico o inerziale delle aziende è la dimensione aziendale, misurata nell’indagine in termini di occupati. Nelle aziende più grandi, che occupano 4 addetti o più, la percentuale delle situazioni che non hanno apportato alcun cambiamento si riduce al 4%; e al 38% considerando le aziende che occupano 2 o 3 addetti. Per le aziende di dimensioni più ridotte, con un solo occupato, si arriva invece al 65%.

Meno rilevante sembra essere la variabile settoriale sulla proporzione di aziende dinamiche/inerziali, tuttavia le risposte ottenute delineano una diversa attitudine all’innovazione. In particolare, il settore florovivaistico comprende quasi esclusivamente aziende dinamiche, poiché solamente il 5% degli intervistati ha risposto di non aver apportato alcun cambiamento negli ultimi tre anni. Frutticoltura (46%) e orticoltura (44%) occupano una posizione intermedia, ma con una presenza importante di aziende inerziali, mentre il massimo dei comportamenti inerziali si raggiunge nella viticoltura (nessun cambiamento nel 62% dei casi), un settore che accanto a un nutrito gruppo di aziende dinamiche, in particolare quelle che vinificano in proprio, conta un elevato numero di aziende più marginali, dedite al semplice conferimento di uva da trasformare.

Una terza variabile che influisce sull’innovazione è la natura aperta o chiusa del sistema operativo e cognitivo impiegato dalle aziende. Sono più propense a cambiare e a valorizzare il cambiamento le aziende che si affidano all’outsourcing, a specialisti, alla filiera o a servizi di consulenza professionale, associativa o pubblica. Ultima variabile importante, è il livello di istruzione del titolare (o dell’amministratore) dell’impresa. Se il titolare ha avuto solo un’istruzione di base, nel 62% dei casi la sua azienda non ha introdotto alcun cambiamento negli ultimi tre anni, mentre la percentuale scende al 40% nel caso in cui possieda un livello superiore di istruzione.

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