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La Commissione europea entro l’estate presenterà, su richiesta dei Ministri dei 27 Paesi membri, una proposta sugli OGM.
Mantenere un sistema di approvazioni a livello europeo, ma lasciare i singoli Paesi liberi di decidere se autorizzare o meno queste coltivazioni sul proprio territorio sarebbe l’intenzione dell’esecutivo europeo.
I servizi della Commissione, su iniziativa anche del Commissario John Dalli, responsabile per il dossier salute e consumatori, hanno iniziato a delineare un’analisi delle diverse possibilità considerando quali Paesi, sulla base della loro legislazione nazionale, possono introdurre la coltivazione di prodotti OGM.
Oggi la situazione che si presenta evidenzia delle divergenze tra i singoli Paesi dell’UE. Dei circa centomila ettari coltivati a mais OGM in Europa, più del 75% si trova in Spagna, e il resto in Portogallo e nei Paesi dell’Europa orientale di recente adesione (Repubblica Ceca, Polonia, Romania e Slovacchia). In ogni caso, la produzione UE resta assolutamente marginale se confrontata con quella mondiale, che copre una superficie totale di 134 milioni di ettari.
In Italia, 16 regioni su 20 (tutte tranne Veneto, Valle d’Aosta, Calabria e Sicilia), 41 province e 2446 comuni si sono dichiarate OGM-free. I Paesi contrari agli OGM, dunque, potrebbero vedere consolidata giuridicamente la loro posizione.
Sicuramente il dossier della Commissione a cui seguirà una proposta provocherà un forte dibattito su diversi aspetti, come ad esempio, l’eventuale definizione delle distanze minime tra i campi coltivati ad OGM e quelli tradizionali, la compatibilità delle coltivazioni con la tutela dell’ambiente, oltre a quella della salute e la relazione con le norme commerciali internazionali.
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