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INTRODUZIONE Le trasformazioni del territorio agrario avvenute a partire dalla seconda metà del secolo scorso hanno portato con sé una drastica riduzione della fauna selvatica, in particolar modo di quella stanziale, quale lepre, fagiano e starna. Le coltivazioni intensive prevalentemente a mais, soia e barbabietola da zucchero, gli appezzamenti sempre più estesi, l’eliminazione delle siepi e dei bordi dei campi, la diminuzione dei prati e dei cereali autunno-vernini sono alcune delle pratiche che hanno estremamente semplificato il territorio agrario creando una situazione ambientale decisamente ostile alla fauna che non trova più siti dove nidificare, proteggersi e nutrirsi. Lo stesso territorio montano nel corso degli ultimi decenni è profondamente cambiato. Si osserva infatti una progressiva scomparsa di spazi aperti, quali prati e pascoli, a favore del bosco. Questi cambiamenti hanno implicato forti ripercussioni nei confronti della fauna selvatica, specialmente per quella legata agli ambienti prativi e pascolivi. Gli interventi di miglioramento ambientale per la fauna selvatica hanno come obiettivo quello di ricreare, in modo diffuso, piccoli habitat in grado di soddisfare le esigenze della fauna stessa in termini di copertura, rifugio ed alimentazione.
FORMAZIONI PRATIVE
Prati a sfalcio tardivo
I prati costituiscono un habitat molto funzionale per la fauna selvatica, in quanto forniscono siti di riproduzione, alimentazione e rifugio. I prati pingui di pianura sono sottoposti ordinariamente a 2-4 sfalci in funzione dell’andamento stagionale, questa operazione risulta essere fortemente limitativa per la fauna stanziale specialmente per lepri e fasianidi dei quali ne limita il successo riproduttivo. Per ridurre l’impatto negativo degli sfalci sulla fauna è opportuno eseguire 2 tagli annui di cui il primo solo dopo il 15 luglio e il secondo non oltre il 15 settembre. Questi accorgimenti permettono l’aumento del successo riproduttivo di lepri e fagiano e nello stesso tempo una buona ricrescita della vegetazione prima della stagione invernale.
Realizzazione dei prati a sfalcio tardivo ex-novo
Le consociazioni che garantiscono la realizzazione di un buon prato a sfalcio tardivo sono sostanzialmente a prevalenza di graminacee e leguminose. Il miscuglio più idoneo per queste finalità è composto da loietto ed erba medica dove al momento della semina è opportuno favorire l’erba medica poiché nel tempo tende a dar spazio al loietto. Il Lolium perenne (con 4-5 kg/ha), fornisce soprattutto alimento e copertura invernale, mentre la Medicago sativa (con 18-20 kg/ha) fornisce dei buoni siti per la riproduzione ed è una fonte alimentare utile in tutte le stagioni sia per gli insetti che per le sue parti verdi-tenere. Oltre alle specie summenzionate, il miscuglio può essere arricchito con specie quali Dactylis glomerata, Lolium multiflorum, Trifolium repens, Trifolium pratense, Poa trivialis, Festuca spp.
Bordure dei campi
Le bordure dei campi sono quelle aree inerbite che delimitano gli appezzamenti, possono essere capezzagne, semplici confini tra campi o tra gli stessi e ostacoli naturali (siepi, corsi d’acqua…). Questi piccoli habitat hanno un’elevata valenza faunistica infatti, come visto per i prati, anch’esse forniscono siti per l’alimentazione, la riproduzione e il rifugio. Non mancano una serie di benefici agronomici associati alla presenza di queste bordure. L’efficacia delle bordure è esplicata dalla copertura erbacea che spesso è caratterizzata da specie spontanee. Nel caso in cui la componente erbacea sia molto povera oppure abbondi di infestanti delle colture è opportuno eseguire una semina con specie quali Dactylis glomerata, Festuca spp., Lolium perenne e qualche trifoglio nonché erba medica. Gli eventuali sfalci sono da eseguirsi nei periodi indicati per i prati a sfalcio tardivo.
Laddove la presenza di questi ambienti sia rara, se ne consiglia la realizzazione con la semina di fasce di circa 3-4 metri specialmente in prossimità di scoline o siepi, meglio se da entrambi i lati. I miscugli consigliati sono a prevalenza di graminacee e leguminose quali: Lolium perenne, Lolium multiflorum, Dactylis glomerata, Festuca spp., Trifolium repens, Trifolium pratense, Medicago sativa.
Sovescio invernale Nel periodo invernale l’ambiente agrario è decisamente ostico per la fauna selvatica. Scarsa è la presenza di siti di alimentazione e di rifugio. Il sovescio è una pratica che consiste nella semina di specie prative a fine estate, le quali dovranno rimanere in campo fino al 15 marzo dell’anno successivo. Le specie utilizzate nella semina sono specialmente graminacee resistenti al freddo quali loietto, loiessa, orzo e frumento. Esse forniscono una risorsa trofica durante l’inverno e se seminate nella prima metà di settembre vanno a costituire una buon cotico efficace come rifugio nella cattiva stagione. Come indicato, non prima del 15 marzo si esegue l’interramento del prato, pratica che garantisce tra le altre cose elevati benefici agronomici per la coltura che segue e per il terreno stesso. I principali benefici agronomici apportati da questa pratica sono l’arricchimento di sostanza organica, il miglioramento della composizione del suolo, l’aumento di azoto nel terreno (grazie specialmente alla presenza di leguminose nel miscuglio) e il contenimento dell’erosione sia idraulica che eolica.
COLTURE A PERDERE
Le colture a perdere costituiscono un ottimo riparo invernale per la fauna agraria, specialmente nei confronti dei predatori, inoltre garantiscono un certo sostentamento alimentare grazie alla vegetazione spontanea presente per il mancato diserbo. Vi sono diverse colture idonee a questa pratica, le più usate sono il mais, il sorgo, il frumento e l’orzo. Vista la maggiore necessità di garantire sostentamento per l’inverno, con colture a perdere si intende sostanzialmente mais a perdere e in misura minore sorgo a perdere. Il frumento e l’orzo, in quanto cereali vernini, garantiscono già una certa copertura del suolo in inverno anche attraverso le tradizionali pratiche di coltivazione, per cui nei nostri ambienti sono poco usate come coltura a perdere sebbene se ne incentivi la coltivazione, poiché hanno una buona valenza faunistica. Nelle colture a perdere, a mais o sorgo, la raccolta non dovrà essere eseguita prima del 15 marzo dell’anno successivo. La loro realizzazione è piuttosto elementare in quanto si tratta di rilasciare in maniera diffusa strisce di coltura non diserbata, aventi una larghezza di circa 10 metri. La localizzazione degli interventi rispetterà inoltre le esigenze della rotazione. Il mais a perdere costituisce un ottimo riparo invernale per la fauna agraria, specialmente nei confronti dei predatori, inoltre garantisce un certo sostentamento alimentare grazie alla vegetazione spontanea presente per il mancato diserbo. Il sorgo oltre alla funzione protettiva e di rifugio offrirebbe più alimento rispetto al mais.
Colture a perdere: Variante con loietto
Una semplice variante al mais a perdere è la semina di loietto nelle interfile del mais. Si tratta di un intervento che si esegue solitamente quando la coltura è alta circa 50 cm (in corrispondenza della seconda sarchiatura). Questa variante garantisce alla fauna stanziale, non solo un sito di riparo ma anche di alimentazione grazie alla presenza del Lolium perenne specie molto appetita da diversi animali.
PRATI UMIDI
Le zone umide nell’ambiente agrario della pianura padano-veneta sono oramai rare. I prati umidi sono habitat di notevole valore naturalistico-ambientale e di immediata realizzazione. Il prato umido deve essere realizzato in modo tale che il livello delle acque sia variabile da 30 cm a pochi centimetri, cosicché sia possibile lo svilupparsi di una vegetazione irregolare e perciò variegata. Le arginature devono garantire le caratteristiche appena descritte per cui saranno argini piuttosto piccoli e non richiederanno ingenti movimenti di terra. Sono previste operazioni di manutenzione una volta realizzato il prato, quali lo sfalcio estivo, previo il ritiro momentaneo delle acque, e comunque la gestione della vegetazione in funzione delle esigenze faunistiche (eventuali lavori superficiali per favorire i limicoli). La fauna che più gioverà di questo intervento è rappresentata dai limicoli, alcuni anatidi ed aironi che necessitano di spazi aperti con distese di fango o con vegetazione bassa e scarsa.
Linee guida per la creazione del prato umido:
– Realizzazione di un piccolo argine perimetrale di contenimento delle acque; – Presenza o creazione di un fossato perimetrale, spesso in acqua, per isolare il prato; – Conservare la baulatura dei campi per la creazione di aree emergenti dalle acque; – Creazione di semiaffioramenti, possibilmente al centro del prato;
Fondamentali operazioni di mantenimento:
– Qualora vi sia una consistente affermazione del canneto (previo verifica con i tecnici) si consiglia un prosciugamento temporaneo estivo ed eseguire operazioni di trinciatura e sfalcio della vegetazione erbacea (agosto-ottobre); il mese nel quale fare questi interventi sarà definito in funzione dell’avifauna che si vorrà favorire; – E’ importante mantenere, qualora vi siano, alcune porzioni di erbe palustri a ridotto sviluppo in altezza; – Nel periodo estivo garantire almeno un 10% di superficie in acqua (in piccole depressioni o fossetti); – Effettuare lavorazioni leggere (erpicatura, fresatura) in parte della superficie complessiva per favorire i limicoli;
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